Guerre di Rete - Musk sospende vari giornalisti
Quanto è facile il deepfake. Facebook denuncia e descrive l'industria della sorveglianza.
Immagine via John Ryan
Guerre di Rete - una newsletter di notizie cyber
a cura di Carola Frediani
N.148 - 17 dicembre 2022
Specie per i nuovi, ricordo che questa newsletter (che oggi conta più di 11mila iscritti - ma molti più lettori, essendo pubblicata anche online - e oltre 500 sostenitori) è gratuita e del tutto indipendente, non ha mai accettato sponsor o pubblicità, e viene fatta nel mio tempo libero. Se vi piace potete contribuire inoltrandola a possibili interessati, o promuovendola sui social. Molti lettori sono diventati sostenitori facendo una donazione. La prima campagna per raccogliere fondi è andata molto bene, e qua ci sono i dettagli (qua la lista degli oltre 500 donatori).
In più, a marzo il progetto si è ingrandito con un sito indipendente e noprofit di informazione cyber, GuerrediRete.it. Qui spieghiamo il progetto. Qui l’editoriale di lancio del sito.
In questo numero:
- Ultime dalla Muskeide: ora Twitter sospende alcuni giornalisti
- Deepfakes e app di AI
- Il report Facebook sull’industria della sorveglianza
- Cosa chiedono i tech workers
- FTX, Binance e inverno criptovalutario
- E altro
Prima di iniziare due parole. Questa newsletter va in vacanza per il periodo delle feste natalizie. E dalla prossima settimana anche il sito Guerre di Rete. È stato un anno intenso, perché ricordo che a marzo il progetto della newsletter che leggete qua si è ingrandito in un sito di informazione. Oggi Guerre di Rete raccoglie alcuni dei migliori giornalisti in Italia su temi digitali e allarga in varie direzioni i temi trattati in newsletter. Quello che è partito come un progetto individuale molto intenso, cui dedico tante ore nel mio tempo libero, è diventato un progetto collettivo. È stato un grande lavoro (fatto gratuitamente e per passione da chi l’ha coordinato tranne ovviamente per chi scrive gli articoli, come avevamo spiegato qua nella pagina sul progetto e nell’editoriale; qui invece trovate la pagina per sostenere il sito).
E oltre ai giornalisti che hanno scritto sul sito, vorrei ringraziare in modo particolare il gruppo di coordinamento del progetto, che ha contribuito in modo decisivo e silenzioso, e senza alcun interesse in visibilità o altro: Giovanni Mellini, Gerardo Di Giacomo, Patrizio Tufarolo, Federico Scalco, cui recentemente si è aggiunta anche Sonia Montegiove. Un gruppo fantastico in primo luogo di amici e poi di seri professionisti senza i quali l’idea del sito e la sua realizzazione non sarebbero mai partite.
E ancora un grazie ai primi sostenitori del sito (e a quelli che si sono aggiunti dopo).
Last but not least, un grazie a tutti gli oltre 11mila iscritti di questa newsletter, a chi ha donato, anche recentemente, a chi mi ha scritto segnalazioni, saluti, incoraggiamenti e altro. E grazie anche ai giornalisti che la citano o riprendono. Siete tutti parte di Guerre di Rete, che sta diventando sempre più una entità reticolare basata sulla passione per l’informazione e i temi digitali.
Nel 2023 ci saranno novità e un po’ di riordino in un progetto articolato e atipico cresciuto in modo spontaneo. Nel frattempo vi auguro splendide vacanze e tanto riposo.
ULTIME SULLA MUSKEIDE
"Spero che anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è il significato di libertà di parola" - Elon Musk, aprile 2022
Twitter sospende molti giornalisti, ma in alcuni casi non è chiaro perché
In quello che alcuni hanno già ribattezzato il “Massacro di Giovedì Notte” (espressione a mio parere eccessivamente drammatica per quello che appare più come un poema eroicomico, con l’eroe Musk impegnato in una battaglia sempre più lunatica e surreale), in settimana Twitter ha sospeso gli account di una mezza dozzina di giornalisti di spicco.
Tra gli account sospesi figurano Ryan Mac del New York Times, Drew Harwell del Washington Post, Aaron Rupar, un giornalista indipendente, Donie O'Sullivan della CNN, Matt Binder di Mashable, Tony Webster, un giornalista indipendente, Micah Lee di The Intercept e il giornalista politico Keith Olbermann (ma ce ne sono altri). Non è chiaro cosa abbiano in comune le sospensioni. Il loro profilo Twitter dice solo Account Sospeso per violazione delle regole.
Il provvedimento è arrivato il giorno dopo che Twitter ha sospeso più di 25 account che seguivano gli aerei di agenzie governative, miliardari e persone di alto profilo, tra cui quello di Musk. Molti di questi account erano gestiti da Jack Sweeney, uno studente universitario che aveva usato Twitter per pubblicare aggiornamenti sulla posizione dell'aereo privato di Musk utilizzando informazioni disponibili pubblicamente, scrive il NYT.
Il mese scorso Musk aveva dichiarato che avrebbe permesso all'account che tracciava il suo aereo privato di rimanere su Twitter, pur affermando che si trattava di una minaccia alla sua sicurezza. Ma negli ultimi giorni, ufficialmente a seguito di un incidente con un presunto stalker che avrebbe assalito l’auto su cui viaggiava il figlio di Musk, il magnate avrebbe cambiato idea.
La questione però è che diversi dei giornalisti sospesi, oltre a scrivere proprio di Twitter o del suo Ceo in modo critico, sostengono di non aver violato alcuna regola, nemmeno quella sul doxxing, cioè sulla pubblicazione di informazioni personali su qualcuno. È quanto ha dichiarato ad esempio Binder, il giornalista di Mashable, che dice di essere stato critico nei confronti di Musk, ma di non aver violato nessuna delle policy di Twitter.
Nel caso di Donie O'Sullivan (CNN) il suo ultimo tweet era la pubblicazione del rapporto della polizia di Los Angeles in risposta alle domande sull'affermazione di Musk secondo cui uno stalker sarebbe salito su un'auto che trasportava uno dei suoi figli. La polizia di Los Angeles diceva di essere in contatto e che finora non c’era denuncia. L'ultimo tweet di Binder è stato un rilancio di quello di Donie prima di essere bannato.
Ma Twitter ha anche sospeso la giornalista di Business Insider Linette Lopez, che ha scritto molto e in modo critico di Tesla in passato, e che ha documentato le volte in cui Musk aveva fatto “doxxare” i suoi nemici.
“Non è del tutto chiaro quale "policy" abbiano violato questi account. Per quanto Elon parli di trasparenza, non sembra essercene molta”, scrive ora TechDirt.
Inoltre, il giornalista Rupar ha detto di aver cercato di fare appello contro la propria sospensione utilizzando il sistema automatico della piattaforma, ma il link non funzionava (Vox).
Insomma, quella che era partita come una crociata per la libertà di espressione su Twitter sta diventando una “inception” incomprensibile di sospensioni di account, a volte sospensione di account che hanno segnalato o parlato di altre sospensioni, con effetto matrioska. Account caratterizzati dalla critica all’attuale padrone del social.
In tutta questa vicenda è finito anche Mastodon, il social network decentralizzato che sta raccogliendo una parte di transfughi da Twitter (come ho raccontato qua).
Nelle scorse ore Twitter ha bloccato la possibilità di twittare link ai principali server di Mastodon, scrive The Verge. “Twitter sta attualmente bloccando i link al server mastodon.social e a più di 10 altri domini testati da The Verge”.
Questa misura segue la recente controversia su @ElonJet, l’account Twitter che come detto sopra tracciava la posizione del jet privato di Musk, e che è stato sospeso. Twitter ha anche introdotto una nuova policy che vieta alle persone di condividere in diretta la posizione di un'altra persona. “Giovedì è stato sospeso l'account Twitter di Mastodon e, anche se non sappiamo esattamente perché, la sospensione è avvenuta subito dopo che l'account aveva twittato un link alla pagina di @ElonJet su Mastodon”, scrive The Verge.
Concludo riportando una aggiunta finale proprio di The Verge, che merita:
“Elon Musk ha twittato che le sospensioni, che sostiene siano per "doxxing", siano temporanee e della durata di soli 7 giorni. Questo contraddice quanto riportato dal giornalista della CNN Oliver Darcy, che ha twittato uno screenshot dell'account sospeso del suo collega Donie O'Sullivan, affermando che la sospensione di O'Sullivan era permanente. Matt Binder di Mashable, il cui account è ancora sospeso, è riuscito a partecipare a un Twitter Space giovedì sera, così come Jack Sweeney, tramite il suo account sospeso di ElonJet. Non è ancora chiaro cosa stia succedendo”.
Qui anche la versione dei fatti di Micah Lee, di The Intercept, uno dei sospesi.
Fine del consiglio sulla sicurezza
Intanto Musk ha eliminato il Trust and Safety Council di Twitter, ovvero il consiglio composto da diverse organizzazioni indipendenti, molte delle quali nell’ambito dei diritti umani, che era stato creato nel 2016 per ricevere consulenza su come Twitter avrebbe dovuto affrontare questioni come molestie, problemi di salute mentale e sfruttamento minorile. Già tre membri del consiglio avevano annunciato di volersi dimettere, citando il comportamento del Ceo. "È chiaro che, contrariamente alle affermazioni di Elon Musk, la sicurezza e il benessere degli utenti di Twitter sono in declino", avevano dichiarato.
I membri del Consiglio sono stati informati via email della cancellazione dello stesso poco prima della riunione prevista per lunedì, secondo quello che è ormai il Twitter-style.
"Il nostro lavoro per rendere Twitter un luogo sicuro e informativo si muoverà più velocemente e in modo più aggressivo che mai", è stato comunicato dall’azienda ai membri del consiglio, ma il consiglio stesso "non è la struttura migliore per farlo".
(FT)
AI
Bastano poche foto per creare un deepfake
Da un po’ di tempo si parla di deepfakes, cioè di quelle immagini e video (ma anche audio) creati attraverso tecniche di intelligenza artificiale capaci di riprodurre le fattezze di qualcuno mentre si trova in situazioni in cui non si è mai trovato. Dei falsi insomma. La testata Ars Technica ha deciso di mettere alla prova la facilità con cui è possibile creare deepfakes a partire da un campione minimo di immagini. E dunque hanno prima creato alcune immagini, in diverse situazioni, di una persona fittizia, un tal John (avrebbero potuto usare quelle di qualcuno esistente, di un volontario, ma lo hanno evitato per ovvi motivi come vedremo tra poco). E poi hanno usato un noto generatore AI di immagini, Stable Diffusion (versione 1.5) e una tecnica chiamata Dreambooth per insegnare all'AI come creare immagini di John in qualsiasi stile. “Anche se il nostro John non è reale, qualcuno potrebbe riprodurre risultati simili con cinque o più immagini di qualsiasi persona. Potrebbero essere prese da un account di social media o anche come fotogrammi da un video”, scrive Ars Technica.
Il processo di addestramento per insegnare all'intelligenza artificiale a creare immagini di John è durato circa un'ora ed è stato gratuito grazie a un servizio di cloud computing di Google. Una volta completato l'addestramento, la generazione delle immagini stesse ha richiesto diverse ore, perché la redazione ha dovuto passare in rassegna molte immagini imperfette per trovare le migliori. “Tuttavia, è molto più facile che tentare di creare da zero un falso realistico di "John" in Photoshop - continua Ars - (...) Possiamo far sembrare che John commetta atti illegali o immorali, come irrompere in una casa, usare droghe illegali o fare la doccia nudo con una studentessa”.
È l’ora di togliere le nostre foto dai social? si è chiesto qualcuno. Altri hanno ipotizzato che la diffusione di queste tecnologie potrebbe all’opposto depotenziare qualsiasi violazione, reale o finta, della privacy delle persone, rendendo ogni contenuto del genere poco credibile. A livello logico questa interpretazione ha un suo fondamento, ma a livello pratico, e nell’immediato, la possibilità di usare questo strumento come un’arma contro qualcuno è molto forte.
L’app Lensa e quelle immagini troppo ammiccanti
Restando in un certo senso in tema, si è molto parlato in settimana di Lensa, un’app di ritocco digitale lanciata per la prima volta nel 2018, ma di recente tornata in auge grazie all'aggiunta di Magic Avatars, una funzione alimentata dall'intelligenza artificiale che genera ritratti digitali delle persone in base ai loro selfie. Diversi articoli hanno però sottolineato come l’esperienza delle donne sia diversa da quella degli uomini.
“Mentre Lensa ha generato per [i miei colleghi uomini] degli avatar realistici ma lusinghieri - pensate ad astronauti, guerrieri feroci e foto di copertina cool per album di musica elettronica - io ho ottenuto un sacco di nudi”, scrive la giornalista di Technology Review. Il fatto che le sue immagini siano risultate così ipersessualizzate non è sorprendente, ha spiegato alla testata Aylin Caliskan, una professoressa all'Università di Washington che studia la rappresentazione nei sistemi di intelligenza artificiale e i relativi pregiudizi.
“Lensa produce i suoi avatar utilizzando Stable Diffusion, un modello di IA open-source (...). Stable Diffusion è costruito utilizzando LAION-5B, un enorme set di dati open-source che è stato compilato raccogliendo (facendo scraping) le immagini da Internet. Poiché Internet è pieno di immagini di donne nude o poco vestite e di immagini che riflettono stereotipi sessisti e razzisti, il set di dati è anche orientato verso questo tipo di immagini. Questo porta a modelli di intelligenza artificiale che sessualizzano le donne indipendentemente dal fatto che vogliano essere rappresentate in quel modo, dice Caliskan, soprattutto le donne con identità storicamente svantaggiate”.
Sulla stessa linea, anzi anche peggio, un articolo di Wired Usa. E Ars Technica.
(P.S: Per la cronaca, ho provato l’app caricando perlopiù mie foto pubbliche e non ha prodotto risultati particolarmente inopportuni. Ma le immagini, forse a causa del campione limitato, erano piuttosto brutte e anche - le due cose non sono correlate - ben poco somiglianti).
- Leggi anche il nostro articolo su Guerre di Rete di qualche settimana fa: La generazione di opere creative con IA sta esplodendo
CRIPTOVALUTE
SBF arrestato, Binance osservata speciale
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti starebbe valutando, non senza divisioni interne, la possibilità di incriminare i dirigenti di Binance, il più grande exchange di criptovalute al mondo, con diverse accuse, tra cui riciclaggio di denaro e violazione delle sanzioni, scrive Reuters. Tutto ciò mentre ancora si sta dipanando la vicenda del rovinoso crollo dell’exchange FTX, che in settimana ha portato all'arresto e all'incriminazione del fondatore ed ex CEO Sam Bankman-Fried, che si trovava alle Bahamas. Il Dipartimento di Giustizia Usa ha accusato Bankman-Fried di molteplici reati, tra cui frode, riciclaggio di denaro e violazione delle leggi sul finanziamento delle campagne elettorali. La Securities and Exchange Commission lo accusa di aver frodato i suoi investitori; mentre la Commodity Futures Trading Commission ha presentato a sua volta accuse di frode, scrive il WashPost.
Qui il comunicato del Dipartimento di Giustizia su SBF e qui l’indictment.
Qui su Guerre di Rete abbiamo spiegato la vicenda dei rapporti tra FTX e Alameda
Il FT ha fatto un podcast sull’inverno delle criptovalute.
Le conseguenze dell’inverno cripto su alcuni gruppi cybercriminali
In questo bailamme, la testata specializzata in cybersicurezza RiskyBiz si chiede quali effetti potrebbe avere un "inverno delle criptovalute" sulla criminalità informatica. E in particolare sulle gang e le unità di hacking nordcoreane. “La società di analisi della blockchain Chainalysis ha infatti stimato che gruppi legati alla Corea del Nord abbiano rubato circa 1 miliardo di dollari in criptovalute dai protocolli DeFi … Ma ora ci chiediamo se le opportunità di sottrarre criptovalute saranno meno numerose e anche meno redditizie”, scrive Tom Uren su Substack.
SPYWARE
Facebook pubblica un report sull’industria della sorveglianza
Meta, la società madre di Facebook, ha pubblicato il suo ultimo report sull’industria della sorveglianza.
Scrive il comunicato: “Quest'anno abbiamo eliminato in tutto il mondo entità che usano spyware, tra cui in Cina, Russia, Israele, Stati Uniti e India, e che hanno preso di mira persone in quasi 200 Paesi e territori. Questo settore aumenta in modo esponenziale la disponibilità di threat actors (espressione tecnica che indica entità malevole in campo cyber) fornendo ai propri clienti potenti capacità di sorveglianza nei confronti di persone che in genere non hanno modo di sapere di essere un target. (...) Nel 2023 prevediamo che questo settore continuerà a colpire persone ovunque si trovino su Internet. Poiché i servizi di sorveglianza a pagamento gettano una rete così ampia, nessuna azienda può affrontare il problema da sola. Crediamo fermamente che sia necessaria una risposta normativa concertata da parte dei governi democratici, oltre a un'azione continua da parte dell'industria e all'attenzione della società civile”.
Un dato interessante che emerge dal report (qua) è che le aziende di sorveglianza fanno ampio uso di finti profili social anche per testare i loro meccanismi di infezione.
“Abbiamo rimosso una rete di circa 130 account su Facebook e Instagram collegati a un noto sviluppatore di spyware israeliano, Candiru, co-fondato da un ex dipendente di NSO Group, un'altra società di sorveglianza”, scrive il report. “Questa rete ha inviato link malevoli tra i propri account falsi per testare le capacità di phishing”.
Stessa sorte (account usati per testare phishing e rimossi da Facebook) è accaduta a un’altra azienda israeliana, Quadream.
Poi ci sono le aziende, che si presentano come “web intelligence services”, che usano account finti sui social per fare scraping (raccolta di dati) dai profili di utenti veri, dati e informazioni con cui poi costruire attacchi. Anche qui Facebook ha “rimosso alcune di queste aziende, tra cui una società con sede a New York chiamata Social Links, un'azienda con sede in Israele chiamata Cyber Globes, un'azienda con sede in Russia chiamata Avalanche e un'entità non identificata in Cina”.
Il report scrive che i venditori di sorveglianza spesso si affidano anche a strumenti di marketing legittimi per supportare le loro attività malevole. “Ad esempio, un'azienda indiana chiamata CyberRoot Risk Advisory Private (...) ha utilizzato uno strumento di marketing chiamato Branch per creare, gestire e tracciare l'invio di link di phishing, probabilmente per offuscare la loro origine e sfruttare i vantaggi offerti dai servizi commerciali di marketing. Una volta cliccati, questi link reindirizzavano le persone a domini contraffatti all'interno dell'ampia rete di siti web malevoli di questa azienda”.
Non solo. Riporto questo intero passaggio perché estremamente significativo specie per chiunque debba difendersi (o difendere altri) da questi attacchi, e perché mostra anche la diversità dei target nella società civile:
“CyberRoot utilizzava account falsi per creare personaggi fittizi, creati su misura per conquistare la fiducia delle persone che prendevano di mira in tutto il mondo. Per apparire più credibili, questi profili si spacciavano per giornalisti, dirigenti d'azienda e personalità dei media. In alcuni casi, CyberRoot ha anche creato account quasi identici a quelli già collegati ai loro target, come i loro amici e familiari, con nomi utente solo leggermente modificati, probabilmente nel tentativo di ingannare le persone e portarle a fidarsi. Nell'ambito delle loro campagne di phishing, hanno creato domini finti dei principali provider di posta elettronica, di strumenti di videoconferenza e condivisione di file, tra cui Gmail, Zoom, Facebook, Dropbox, Yahoo, OneDrive e dei server di posta elettronica aziendale dei target. Questi domini sono stati utilizzati per rubare le credenziali di accesso agli account delle vittime. La nostra indagine ha rilevato che CyberRoot ha preso di mira persone in tutto il mondo, che lavorano in un'ampia gamma di settori, tra cui la chirurgia estetica e gli studi legali in Australia, le società immobiliari e d'investimento in Russia, società di private equity e aziende farmaceutiche negli Stati Uniti, attivisti per l'ambiente e la lotta alla corruzione in Angola, società di gioco d'azzardo nel Regno Unito e società minerarie in Nuova Zelanda. Si sono concentrati su dirigenti d'azienda, avvocati, medici, attivisti, giornalisti e membri del clero in Paesi come Kazakistan, Gibuti, Arabia Saudita, Sudafrica e Islanda”
Insomma nel caso non fosse ancora chiaro questa industria riguarda ormai praticamente tutti.
Infine, Facebook scrive che “quest'anno ha segnato un'importante pietra miliare nella nostra azione di contrasto alle operazioni nascoste di influenza: dal 2017 abbiamo smantellato più di 200 reti in tutto il mondo per violazione della nostra policy contro il comportamento coordinato inautentico (CIB)”
Proprio di questo avevo scritto sul sito Guerre di Rete molti mesi fa: L’irresistibile ascesa dei troll di Stato
Sull’industria degli spyware ricordo il mio speciale di un anno fa Spyware Ltd.
TECH WORKERS
I lavoratori tech si organizzano, ma cosa vogliono?
Negli ultimi anni a livello internazionale è emerso un nuovo soggetto, la Tech Workers Coalition, un gruppo che si batte per i diritti dei lavoratori dell’industria tecnologica e che include nella propria definizione i tecnici veri e propri, ovvero chi crea, aggiorna e mantiene direttamente il software e l’infrastruttura, ma anche i data worker che etichettano, puliscono o analizzano i dati, gli operatori logistici che lavorano per le aziende tecnologiche, i creativi che lavorano nel web design, come social media manager o nel settore dei videogiochi, e chiunque svolga il proprio lavoro attraverso una piattaforma digitale – come i rider – o come supporto alle altre categorie, incluso il personale delle pulizie o della mensa di queste aziende. L’inclusione di quest’ultima categoria di lavoratori, normalmente esclusi quando si pensa a chi è impiegato nel settore, è centrale nella storia di Tech Workers Coalition, perché permette di superare divisioni tradizionali e amplificare l’impatto delle campagne.
Col tempo questo movimento, fortemente americano nella sua origine, ha dato vita a sezioni locali anche in Europa, in particolare a Londra, Dublino, Berlino e in Italia. Il chapter italiano - Tech Workers Coalition Italia - porta avanti rivendicazioni specifiche legate alle caratteristiche del mercato del lavoro italiano. Dal body rental allo scarso aggiornamento, dalla poca specializzazione alle richieste di smart working, Guerre di Rete le ha passate in rassegna sentendo uno dei suoi coordinatori nazionali. Leggi l’articolo di Viola Stefanello sul nostro sito.
INSTAGRAM
Più facile recuperare account hackerato (o se si è dimenticata la password)
Instagram ha annunciato una nuova importante funzione di supporto per i suoi utenti.
“Per supportare gli account che stanno riscontrando problemi di accesso o che potrebbero essere stati hackerati, abbiamo creato Instagram.com/hacked (...). Se non riuscite ad accedere al vostro account, digitate Instagram.com/hacked sul vostro cellulare o sul browser desktop. Successivamente, sarà possibile selezionare se si pensa di essere stati hackerati, se si è dimenticata la password, se si è perso l'accesso all'autenticazione a due fattori o se l'account è stato disabilitato. A questo punto sarà possibile seguire una serie di passaggi per riottenere l'accesso al proprio account”
APPROFONDIMENTI
CRIPTOVALUTE
Un libro-reportage italiano sulle criptovalute
“Già prima dell’inizio della guerra l’Ucraina era il primo Paese occidentale per uso di criptovalute: oltre il 10% degli abitanti aveva un portafoglio virtuale, in pratica più di 5 milioni di utenti. Questo ha reso più facile l’uso delle nuove monete in condizioni di emergenza, e ha permesso che nascessero contemporaneamente decine di altri fondi come quello del governo”. Inizia con un reportage dall’Ucraina sull’uso delle criptovalute nella guerra per poi esplorare altri campi di questo settore fintech (dal Salvador agli NFT), oggi più che mai turbolento, il libro appena uscito di Andrea Vignali e Raffaele Marco Della Monica, Bit Economy. La grande scommessa delle criptovalute tra libertà e speculazione. Prefazione di Riccardo Iacona. Edizioni Dedalo.
SISTEMI AUTOMATIZZATI
Prove di discriminazione algoritmica in Serbia
Una nuova legge sui servizi sociali in Serbia prevede la raccolta di una vasta quantità di dati personali dei beneficiari, per analizzarli con un algoritmo. L’obiettivo dichiarato è migliorare la distribuzione delle risorse, ma oltre 22 mila persone hanno già perso il sussidio, senza sapere perché
Balcani Caucaso
AARON SWARTZ
“Aggiustare il mondo”. L’eredità dell’hacker Aaron Swartz a 10 anni dalla morte [podcast] - Su Valigia Blu, colloquio tra Arianna Ciccone e Giovanni Ziccardi, autore di Aggiustare il mondo. La vita, il processo e l’eredità dell’hacker Aaron Swartz [il libro si può scaricare gratis qui].
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