L’altra faccia dell’AI Summit di Parigi
I timori del Sud globale, che vede nell’intelligenza artificiale “l’ennesimo strumento di oppressione”, il mito del tecnosoluzionismo e la debolezza europea.
di Davide Del Monte
Chi controlla l’intelligenza artificiale controllerà il mondo, ma non tutti accettano di assistere passivamente a una lotta per il potere globale che coinvolge poche potenze ed esclude il resto del mondo. Come aveva previsto Naomi Klein su The Guardian nel 2023, “in questa realtà di potere e ricchezza iperconcentrati […] è molto probabile che l’intelligenza artificiale diventi un temibile strumento di ulteriore espropriazione e devastazione”.
Lo comprendono bene i paesi del Sud globale che, mentre ascoltano i leader delle superpotenze riuniti a Parigi esprimere la volontà di dominare il mondo, cercano disperatamente delle vie alternative per salvarsi dall’ennesimo esproprio di risorse travestito da “aiuto per il progresso verso il benessere”.
A esternare queste preoccupazioni in maniera cristallina è Mauro Vieira, ministro degli Esteri brasiliano, che durante il suo intervento non usa mezze parole: se l’intelligenza artificiale non verrà gestita in modo equo e inclusivo, diventerà l’ennesimo strumento di sfruttamento e oppressione del Nord nei confronti del Sud del mondo.
L’esito del Summit parigino non sembra però andare nella direzione auspicata da Vieira e dai suoi omologhi presenti all’incontro, che hanno invece dovuto prendere atto di uno scenario globale ancor più frammentato e complesso, con tutte le grandi potenze – USA, Cina ed Europa in testa – in aperta competizione per la leadership dell’AI.
AI Action Summit di Parigi: una questione di governance e di potere
Il summit internazionale sull’intelligenza artificiale, fortemente voluto dall’Eliseo, è ospitato nel Grand Palais: iconico edificio della capitale francese, famoso per la sua imponente cupola in vetro e ferro che svetta sulla città.
Costruito in occasione dell’Expo del 1900, manifesto dell’espansione economica e della fiducia dell’umanità nel progresso e nel futuro, l’imponente edificio, già dalla sua fondazione, è stato testimone di alcune delle più grandi meraviglie tecnologiche dell’epoca contemporanea: dal cinematografo dei fratelli Lumière, al palazzo dell’elettricità, in grado di alimentare tutti gli altri padiglioni dell’esposizione oltre a varie amenità dell’epoca, tra cui un telegrafo, un telefono e centinaia di luci a formare una sorta di volta celeste stellata durante la notte.
Esattamente un secolo e un quarto dopo l’edizione dell’Expo che spalancava le porte dell’umanità sul XX secolo, l’entusiasmo che si respira girando per gli enormi saloni del Grand Palais è altissimo. Lo stupore di inizio ‘900 nei confronti dell’elettricità e di tutte le sue “magiche” applicazioni sembra oggi sostituito dalla curiosità e dall’interesse verso l’intelligenza artificiale, almeno sulla carta.
Ma bastano pochi incontri e presentazioni per capire che, a causa del suo peso economico, strategico e, di conseguenza, delle tensioni geopolitiche in grado di generare, l’attuale epoca di competizione globale per lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale ha ben poco a che spartire con lo spirito della Belle Époque.
Spesso si è paragonata la corsa all’intelligenza artificiale a quella allo spazio della seconda metà del secolo scorso tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ma in realtà questo summit ci offre una fotografia piuttosto diversa e, soprattutto, molto più sfaccettata.
Innanzitutto, se la prova muscolare per conquistare lo spazio era dettata principalmente dalla volontà di mostrare la propria potenza all’avversario, in questo caso le traiettorie di sviluppo e innovazione sembrano dettate da una leva diversa e ben più banale: quella del profitto economico. La parola più ricorrente in tutti i panel di lunedì 10 febbraio, la giornata del summit aperta al pubblico, è “governance”, ma il concetto che risulta prevalere è “business”, ed è da qui che partiremo.