Guerre di Rete - una newsletter di notizie cyber
di Carola Frediani
N.195 - 16 novembre 2024
(Comunicazioni di servizio)
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Qui invece potete scaricare gratis il primo ebook di Guerre di Rete che si intitola Generazione AI ed è dedicato agli ultimi sviluppi dell’intelligenza artificiale (uscito a settembre 2023).
Qui potete scaricare gratis il secondo ebook pubblicato, Il fronte cyber.
In questo numero:
- Politiche tech sotto Trump: cosa aspettarci
- Internet non è uno spazio multilingua
- I Dem e il complottismo
- Come i giudici Usa usano i sistemi di valutazione di recidiva
- E altro
TECH POLICY
Politiche tech sotto Trump: cosa aspettarci
Cosa ci possiamo aspettare dalla nuova amministrazione Trump per quanto riguarda le politiche digitali? E che dinamiche si creeranno con le politiche e le leggi europee?
Stiamo parlando di questioni come la governance dell’AI, il rapporto dei governi con le grandi piattaforme e i social media, la produzione di chip e le regole sull’export, la gestione di acquisizioni e le politiche antitrust.
Piattaforme e Unione europea
Partiamo dalle piattaforme. Con Biden, le Big Tech si sono trovate con maggiori pressioni da parte degli organi di controllo di Washington. La Federal Trade Commission, l’agenzia federale a protezione dei consumatori e per la prevenzione di pratiche commerciali anticompetitive, ha bloccato alcune fusioni della Silicon Valley. Più in generale, il Dipartimento di Giustizia e la FTC hanno avviato vari procedimenti e indagini per pratiche anticompetitive, anche contro Microsoft, OpenAI e Nvidia, cioè l’avamposto software e hardware americano nel campo dell’intelligenza artificiale. Nel mirino antitrust sono finite pure Amazon, Apple e Google.
Nel frattempo, al di qua dell’Atlantico, c’è tanta carne al fuoco. Già lo scorso marzo la Commissione europea apriva un'inchiesta su Google, Apple e Meta per sospetta violazione della legge sui mercati digitali (Digital Markets Act). Inoltre, sempre a marzo, l’Unione europea sanzionava Apple con una multa da 1,84 miliardi di euro, in seguito alla denuncia della svedese Spotify. Secondo la Commissione, Apple avrebbe abusato della sua posizione dominante per impedire agli sviluppatori di app di streaming musicale di informare gli utenti iOS su servizi di abbonamento musicale alternativi e più economici disponibili al di fuori dell'app (e di includere link ai loro siti). Un comportamento illegale secondo le norme antitrust dell'UE.
Non solo. Proprio questa settimana la Commissione Ue, in virtù della già citata legge sui mercati digitali (DMA), ha intimato a Booking, altro colosso americano e nota app per organizzare e prenotare vacanze e viaggi, di ottemperare a una serie di richieste. D’ora in poi, ad esempio, gli hotel, i noleggi auto e altri fornitori di servizi che utilizzano Booking.com saranno liberi di offrire prezzi e condizioni diversi (anche migliori) sul proprio sito web o su altri canali rispetto a Booking.com.
E sul fronte antitrust, proprio questi giorni, Meta è stata multata da Bruxelles per quasi 800 milioni di euro. La società madre di Facebook è accusata di soffocare la concorrenza “legando” i suoi servizi gratuiti di Marketplace al social network.
A luglio, la Commissione Ue, in un parere preliminare, accusava invece X di aver violato un’altra legge europea, quella sui servizi digitali (Digital Services Act), e in particolare di non rispettare le regole sulla trasparenza e responsabilità, definendo ingannevoli le spunte blu.
“Poiché chiunque può abbonarsi per ottenere tale status "verificato", ciò incide negativamente sulla capacità degli utenti di prendere decisioni libere e informate in merito all'autenticità degli account e ai contenuti con cui interagiscono”, scriveva la Commissione. Che potrebbe arrivare anche a comminare sanzioni pecuniarie fino al 6 % del fatturato mondiale totale annuo della piattaforma. Una decisione di non conformità potrebbe anche far scattare un periodo di vigilanza rafforzato per garantire il rispetto delle misure. O far imporre versamenti di penalità periodiche per costringere la piattaforma a conformarsi.
Ora, secondo alcuni osservatori, se l'UE multasse X, il social di Musk, per aver violato, come dicevo sopra, le regole previste dal Digital Services Act, i rapporti tra Trump e la Commissione europea potrebbero inasprirsi molto rapidamente e rinvigorire la narrativa MAGA secondo cui l'Ue starebbe solo cercando di affossare le Big Tech statunitensi.
I legislatori europei hanno già esortato l'esecutivo Ue a non fare marcia indietro. Alexandra Geese, deputata tedesca dei Verdi al Parlamento europeo, ha dichiarato che “la Commissione europea deve ora farsi valere e difendere le regole Ue”, mentre per l’europarlamentare olandese dei Verdi Kim van Sparrentak, “soprattutto ora, è più importante che mai che l'Europa si alzi per difendere i nostri diritti e la democrazia, anche online”, riferisce POLITICO.
Con la nuova amministrazione Trump, insomma, quella sorta di implicito consenso transatlantico sulla regolamentazione delle grandi aziende tecnologiche statunitensi, come lo ha definito qualcuno, che si era intravisto con Biden, rischia di andare in frantumi.
Ora, è vero che, sul fronte interno Usa, la scelta di Matt Gaetz come ministro della Giustizia (se verrà confermata…) rende i contorni delle politiche antitrust e del rapporto con Big Tech più ambigui e incerti (perché lui è ostile ad alcune aziende tech e quasi “simpatizzante” di Lina Khan, attuale presidente della iperattiva Federal Trade Commission. Khan è comunque data in uscita, essendo invece sulla lista nera di Musk e di altri).
Ma nei confronti dell’Ue ci sono meno sfumature. Trump ha spesso sostenuto che l'Ue discriminerebbe le aziende statunitensi e ha detto che non permetterà all’Europa di “approfittarsi delle nostre aziende”. Ha perfino detto che l'amministratore delegato di Apple Tim Cook lo avrebbe chiamato per lamentarsi delle tasse arretrate che deve pagare in Irlanda (13 miliardi di euro per la precisione).
La velocità e l’entusiasmo con cui i top manager di Big Tech, anche quelli un tempo più lontani da Trump, si sono precipitati a congratularsi può far pensare alla paura di ritorsioni, ma potrebbe anche indicare la speranza di trovare una sponda su vari fronti, incluso quello contro la regolamentazione europea.
Cybersicurezza
Dato il mantra di “meno regolamentazione”, alcuni osservatori si aspettano meno sforzi, rispetto a Biden, di regolamentare vari settori delle infrastrutture critiche (trasporti, energia, sistemi idrici, sanità, tutti bersagliati da attacchi negli ultimi anni) per accrescere la loro sicurezza informatica.
L’agenzia federale per la cybersicurezza e la sicurezza delle infrastrutture, la CISA, verrà probabilmente riorientata su questioni strettamente cyber, riducendo le sue iniziative di lotta alla disinformazione.
Inoltre l’amministrazione Biden aveva preso provvedimenti contro alcuni produttori stranieri di strumenti di sorveglianza, come gli spyware sviluppati dalla società israeliana NSO, inserendoli in una Entity List. Si tratta di una specie di lista nera che limita la fornitura a NSO Group di prodotti americani, e vieta a enti o agenzie statunitensi di acquistare o utilizzare prodotti di NSO Group, come lo spyware Pegasus.
Secondo alcuni osservatori, la nuova amministrazione potrebbe rimuovere queste aziende dall'elenco delle entità statunitensi considerate un problema di sicurezza nazionale. Alcune di esse, come NSO Group, hanno già esercitato pressioni sui repubblicani.
Intelligenza artificiale
L’ordine esecutivo di Biden sull'intelligenza artificiale sarà quasi certamente revocato, scrive Tech Policy, e non sono gli unici a essere di questa idea. Infatti il partito repubblicano, già nella sua piattaforma ufficiale, aveva promesso di “abrogare il pericoloso ordine esecutivo di Joe Biden che ostacola l'innovazione dell'AI” e di sostenere invece uno sviluppo di questa tecnologia “radicato nella libertà di parola e nella prosperità umana” piuttosto che in “idee radicali di sinistra”. A rischio dunque saranno soprattutto le misure sulla protezione dei lavoratori, i diritti civili e altre tutele per i consumatori.
Ma quanto dell’apparato anche burocratico creatosi attorno all’ordine esecutivo sarà smantellato non è chiaro. Certo già il termine che ho usato, apparato burocratico, evoca Musk con la falce (o il lavandino, in un immaginario più aggiornato). Ad esempio, che ne sarà dell’obbligo per i grandi sviluppatori di AI di riferire al governo dei loro modelli? C’è chi pensa che salterà, ma potrebbe restare una questione aperta.
C’è però una tendenza della politica sull’AI dell’amministrazione Biden che potrebbe continuare e anche intensificarsi sotto Trump: più controlli all’export.
Sotto Biden, infatti, l'Ufficio per l'industria e la sicurezza del dipartimento del Commercio ha inasprito le norme sul controllo delle esportazioni di AI. Uno degli obiettivi principali di queste norme è impedire l'accesso della Cina ai chip AI più avanzati. “È probabile che la seconda amministrazione Trump rafforzi ulteriormente le restrizioni alle esportazioni di AI”, scrive il think tank Brooking Institute.
Infine think tank di destra pronosticano un allentamento normativo di varie restrizioni energetiche e ambientali per spianare la strada all’industria dell’AI (come noto molto energivora).
Bitcoin e criptovalute
Make Bitcoin great again. Si potrebbe riassumere così questa sezione. Insomma, la vittoria di Trump al momento è anche una vittoria per il mondo delle cripto. Del resto il partito repubblicano aveva promesso di porre fine al “giro di vite illegale e antiamericano sulle criptovalute” da parte dei Democratici.
Nessuno scommette dunque sulla sopravvivenza politica di Gary Gensler, il presidente della Securities and Exchange Commission (SEC), nominato da Biden, che aveva aggressivamente perseguito vari soggetti del settore.
(Su quanto la SEC di Gensler abbia considerato prioritaria la vigilanza e regolamentazione del settore cripto c’è un report dettagliato di una società di consulenza).
DIRITTI, PIATTAFORME, RETE
Internet non è uno spazio multilingua
Il 75% degli utenti di Internet proviene da paesi in cui l’inglese non è la lingua ufficiale, e si trovano nel cosiddetto Sud Globale. Ma molte app e siti web non sono disponibili nelle migliaia di lingue che le persone di tutto il mondo parlano quotidianamente. Ancora più seria l'assenza di moderatori. Le interfacce più tradotte sono quelle di Wikipedia, Google Search, Google Maps e Youtube.
Dalla moderazione dei contenuti all’hate speech, la scarsa considerazione delle piattaforme per lingue diverse dall’inglese ha un impatto anche sui diritti. Cosa cambia con l’avvento dell’intelligenza artificiale.
Ne scrive Irene Doda sul nostro sito Guerre di Rete.
PIATTAFORME, INFORMAZIONE, DISINFORMAZIONE
I Dem e il complottismo
Con il calo della fiducia nei media tradizionali, e il colpo duro da digerire della vittoria di Trump, anche alcuni elettori americani di fede liberal e pro-Dem starebbero sviluppando (o sembrano inclini a) teorie del complotto, in modo analogo a una parte dello schieramento di destra, e più specificamente alla alt right. È già stato coniato un termine per questo fenomeno, BlueAnon (un gioco di parole tra il colore dei democratici, il blu, e QAnon, la famigerata e articolata dottrina complottista anti-liberal), ed ha avuto un suo battesimo del fuoco proprio dopo l’attentato a Trump, con varie dicerie sulla genuinità di quanto avvenuto.
Le ultime teorie del complotto di area liberal, racconta la giornalista Taylor Lorenz, spaziano dallo scetticismo sui conteggi dei voti negli Stati chiave, alle accuse di un insabbiamento criminale da parte di Biden per costringere i Democratici a perdere fino alle affermazioni sull'interferenza russa nel sistema di voto. Una delle più recenti riguarda poi Elon Musk: la teoria è che il miliardario avrebbe in qualche modo violato il meccanismo di voto attraverso Starlink, la sua società di connettività satellitare, che in questo disegno farebbe parte della catena di fornitura delle macchine elettorali - falso ovviamente, anche perché quelle macchine (le voting machines) non sono connesse a internet (e comunque qui c’è un debunking anche di AP news).
Molte di queste teorie sull’esito delle elezioni circolano su Threads, a dimostrazione che gli sforzi di Meta per declassare e minimizzare i contenuti giornalistici sull'app abbiano contribuito a creare un vuoto in cui la disinformazione prospera senza controllo e gli utenti non sono in grado di trovare notizie affidabili, commenta la giornalista.
Ma questo fenomeno indica anche lo stato di progressivo sfaldamento di tutto l’ecosistema politico e informativo, e non fa presagire nulla di buono.
“Naturalmente - scrive su Facta news Leonardo Bianchi, giornalista che segue da vicino questi temi - tra QAnon e BlueAnon c’è una grossa differenza: il primo è ormai parte integrante della propaganda repubblicana, ed è stato apertamente rilanciato da Trump in migliaia di occasioni. Il secondo invece non è stato adottato da alcun parlamentare o funzionario democratico, e rimane dunque confinato in sacche dell’elettorato progressista. Ma ormai è un fenomeno impossibile da ignorare”.
PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E AI
La facilità con cui gli strumenti di AI generativa possono creare testi, immagini e dati preoccupa anche le pubblicazioni di letteratura scientifica, racconta Nature in un articolo.
ALGORITMI E SOCIETA’
Come i giudici Usa usano i sistemi di valutazione di recidiva
Negli Stati Uniti gli strumenti di valutazione del rischio pre-processuale (strumenti, diciamolo subito, controversi da sempre) stimano la probabilità che un imputato torni a presentarsi in tribunale, o non commetta altri reati. Per farlo utilizzano i suoi precedenti e il profilo famigliare, e un database di casi passati. Questi sistemi sfornano quindi una valutazione che può assumere la forma di un'etichetta di rischio “basso”, “medio” o “alto”, oppure di un numero su una scala. I giudici ricevono questi punteggi nelle udienze preliminari che determinano se (e a quali condizioni) un accusato sarà rilasciato.
Uno studio pubblicato sulla rivista Social Problems ha rilevato che i giudici non adottano o rifiutano in blocco i consigli di questi algoritmi. Al contrario, li usano in modo selettivo, motivati da fattori profondamente umani nella decisione di accettare o ignorare i loro punteggi. Uno dei fattori decisivi per i giudici spesso non è se il sistema appaia affidabile, ma se li aiuti a giustificare una decisione che volevano prendere, sostiene l’autore. Va sottolineato che lo studio è limitato (si basa su interviste a una trentina di giudici) e anche i suoi risultati sono abbastanza sfumati, ma è interessante, e sarebbe meritevole di ben più approfondite indagini, come emerga questo uso opportunistico. Il tema del resto è dibattuto da tempo negli Usa, almeno a partire dalla nota inchiesta di ProPublica del 2016 che rilevò come un sistema di valutazione del rischio preprocessuale fosse inaffidabile e discriminatorio (via The Verge).
Che fare con le allucinazioni nelle trascrizioni delle visite mediche
Whisper è un modello speech to text di OpenAI usato per trascrivere automaticamente file audio. Sebbene OpenAI si raccomandi di non usare questo strumento in “ambiti ad alto rischio”, sempre più centri medici e strutture sanitarie stanno adottando questo e altri strumenti per trascrivere la visite dei pazienti con i medici, malgrado il rischio concreto di “allucinazioni”.
Questa adozione comporta però molte questioni da risolvere. Ad esempio, oltre 30.000 medici e 40 sistemi sanitari, tra cui la Mankato Clinic in Minnesota e il Children's Hospital di Los Angeles, hanno iniziato a utilizzare una applicazione basata su Whisper sviluppata dalla società Nabla, scrive AP. Si tratta di uno strumento che è stato riaddestrato (fine-tuned) sul linguaggio medico per trascrivere e riassumere le interazioni dei pazienti. I dirigenti dell'azienda hanno dichiarato ai media di essere consapevoli del fatto che Whisper possa avere allucinazioni e di stare affrontando il problema. Ma la cosa che mi ha lasciato più stupita è questa affermazione raccolta dal giornalista: ovvero che sarebbe impossibile confrontare la trascrizione generata dall'intelligenza artificiale di Nabla con la registrazione originale perché lo strumento di Nabla cancella l'audio per “motivi di sicurezza dei dati”.
APPROFONDIMENTI
AI ACT
Pubblicata la prima bozza del General-Purpose AI Code of Practice, redatta da esperti indipendenti. Se vi occupate di AI governance, questo è un must.
ITALIA
Piracy Shield ci costa più del previsto
L'Autorità garante delle comunicazioni approva una variazione di bilancio da 256mila euro per far fronte ai costi aggiuntivi del cloud della piattaforma nazionale anti-pirateria
Wired Italia
Interviene anche la storica associazione Metro Olografix.
ELEZIONI USA E TECH
La Silicon Valley ha ottenuto ciò che voleva
Non c'è solo Elon Musk. È un nuovo giorno per la deregolamentazione, le criptovalute e le aziende tecnologiche che si avvicinano a Trump.
Commento critico da sinistra di Brian Merchant (autore del bellissimo libro Blood in the machine)
Sempre su questa linea di pensiero, l’intervista a Ulises A. Mejias e Nick Couldry che parlano di colonialismo dei dati nel podcast Tech Won’t Save Us.
CYBERWARFARE
Il ruolo delle entità private nella guerra ibrida
Directions
EVENTI / INTERVENTI
Giornalismo e cyber
Sono stata intervistata da Seemposium, il podcast di REV³RSE security, su giornalismo, informazione, hacktivismo, cyber, diritti e molto altro, a partire dal progetto Guerre di Rete. Si ascolta qua su Spotify o si vede sul canale Youtube di rev3rse security.
Inchiesta su banche dati strategiche
Qui il mio breve intervento nella trasmissione Rai Gocce di petrolio sull’inchiesta sui presunti dossieraggi e la sicurezza delle nostre infrastrutture.
HackInBo
Oggi c’è la conferenza di security Hackinbo a Bologna. Potete seguirlo in streaming qua.
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—> INFO SU GUERRE DI RETE
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